Lo scorso autunno, con l’amica e collega Aurora Puccio, ho effettuato un intervento di group coaching alla Scuola militare Teuliè di Milano. Una magnifica avventura, che mi ha portato a riflettere sui giovani di oggi, sugli adulti e sui coach.
Nella mia esperienza non c’è azione senza speranza, ma speranza di che cosa? Di una vita migliore, di un lavoro che mi soddisfi, di una famiglia, ecc.
I ragazzi della Teulié desideravano le stesse cose, forse. Più importante di tutto, desideravano i desideri dei genitori, degli amici, della televisione, insomma degli altri ! Ma perché questo? Perché sono all’inizio del percorso e perché nessuno, ma proprio nessuno ci insegna ad individuare cosa vogliamo, piuttosto è sollecito nel sottolineare le sue parole, le sue mancanze il suo “non avuto”, da quel che abbiamo capito i professori sono tra i primi a farlo.
Abbiamo avuto da coach il privilegio di poter puntare l’attenzione sul loro desiderato, seppur non chiaro, seppur embrionale, tuttavia loro. Pare che nessuna gli dica “parlami di te”, “sei meritevole di attenzione”, bensì “ascolta quello che ho da dire”. Ma abbiamo compiuto il primo passo, abbiamo “sdoganato” i sogni. Per la prima volta, anche un pò disorientati, hanno intravisto una direzione, vaga e nebulosa, ma la loro. Hanno capito che sarà difficile, che potrà essere rivista e richiederà continui sostegni, ma che potrà regalare grande entusiasmo, grazie alle loro, è solo loro, risorse.
Sogni che diventano obiettivi, potenziale che diventa realizzazione, paura che diventa leva di coraggio… Cos’altro può desiderare un ragazzo, cos’altro può entusiasmare un coach?