Il Coaching, come professione, è arrivato a una svolta molto interessante. Il lavoro fatto dai primi coraggiosi pionieri ha dato risultati appaganti. Oggi infatti è piuttosto accettato e riconosciuto come un metodo efficace nel mondo del business, anche in Italia.

Molti “Coach Trainings ” migliorano il curriculum vita di numerosi manager e uomini d’affari, innalzandone le credenziali. Anche in ambiti privati il coaching sta fiorendo.

In diversi continenti alcune università hanno iniziato a programmare dei corsi di coaching con specializzazioni e diploma.

Insomma sta pian piano finendo l’era in cui si doveva spiegare la differenza tra un Coach dedicato agli atleti e un Life-Business-Coach.Stanno nascendo anche in Italia riviste e giornali che pubblicano articoli e descrivono i benefici del coaching. Si può anche provare un pò orgoglio nel vedere molti colleghi implementare programmi e workshop per i clienti.

Tuttavia, ora che è sempre più vicino al suo riconoscimento cosa potrà fare il coaching nel proprio futuro professionale? Non può certo permettersi di sedersi sugli allori ad aspettare.

Come ognuno di noi ha osservato, il raggiungimento di un obiettivo è molto gratificante e ci spinge alla possibilità di realizzarne un altro. Il cambiamento è quindi inevitabile. Allora cosa può essere più interessante del provare a considerare i modi in cui il coaching cambierà nel corso dei prossimi dieci anni?
L’avanzamento tecnologico, ad esempio, avrà sicuramente degli effetti sulla professione.
Similmente, una maggior comprensione della società nei suoi riguardi, accanto ad una più estesa accettazione che sia un metodo scientificamente valido avrà un piacevole impatto nella vocazione di chi l’ha scelto come professione, e vedrà la luce di nuove importanti scoperte psicologiche.

Il campo della psicologia positiva, ad esempio, ci offre meravigliose risorse, e in esso si trovano evidenze scientifiche di supporto agli interventi di coaching.

Grazie alla ricerca, nel proprio futuro il coaching potrà crescere come professione garantendo maggiori servizi, ma probabilmente anche una maggiore evidenza della propria efficacia.

Finora ha sicuramente avuto la forza di ispirare e trasformare positivamente la vita di molte persone ed aziende, aiutandole a scoprire le proprie potenzialità e a viverle armoniosamente.
Il Coaching è – al pari di una forte sveglia -una sfida lanciata agli individui a scoprire l’abbondanza di risorse interiori di cui dispongono. Questa sua naturale propensione alla positività e all’ottimismo ha attratto molti praticanti che vedono il Coaching come un’occasione di crescita improntata all’ottimismo, ed un valido servizio orientato al risultato del cliente.

Se consideriamo le similitudini tra un coach e il suo cliente, l’autorealizzazione e la crescita personale è sicuramente un terreno comune. Tutti quelli che hanno partecipato al processo, come coach o come clienti, riconoscono che nelle sessioni molto frequentemente si assiste al superamento di un limite autoimposto, cioè quando l’“a-ha” viene raggiunto, avviene un’emozione vibrante, come un soffio di vento che spalanca la consapevolezza. Queste esperienze sono le gemme del coaching e, se è fatto bene, tendono a essere frequenti; Sono la prova dell’azione esercitata dal cambiamento positivo! Sono ciò che rende il coaching uno sforzo attraente per entrambi: il coach e il cliente.

Nonostante tutte queste condizioni positive di efficacia, c’è un’ironia nella professione detta il “paradosso del coaching “.

Infatti, il paradosso è dato dal fatto che, mentre esso aiuta sistematicamente le persone ad aspirarsi e a raggiungere il loro innato potenziale, non ha ancora raggiunto il proprio!

Infatti, anche se ha oltre vent’anni di pratica nel sociale, in Italia è ancora nella sua relativa infanzia professionale. Il coaching manca cioè di una sua condivisa definizione del termine.

Varia anche nei propri contenuti e nelle sue stesse modalità di training. Infine anche le modalità di intervento possono essere molto diverse tra loro.

Alcuni coach si basano sull’ispirazione che deriva da storie e giochi, altri invece poggiano i loro interventi sull’utilizzo di vari modelli di valutazione, altri ancora si concentrano molto su obiettivi e comportamenti. In breve si capisce come esso stia ancora ampiamente ricercando una sua definizione.

La professione è dotata di persone di grandi abilità, competenze e capacità creative, ma ha bisogno di una sua linea di lavoro più precisa e meno isolata, richiede che le buone idee non siano solo a disposizione di alcuni professionisti privati ma vengano implementate in un percorso che sia valido per tutti.

Personalmente credo che il Coaching sia troppo valido, unico ed efficace per rimanere indeterminato nel suo senso più profondo. Se si svilupperà un accordo sulla sua definizione anche i professionisti potranno migliorare i loro servizi, confezionando interventi di alta qualità e condividendoli sistematicamente con gli altri coach.

Qual\’è la tua attuale definizione di coaching?

Tra 10 anni come cambierà – secondo te – il coaching?