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Studiando e frequentando il corso per diventare coach professionista mi sono imbattuta in Tim Gallwey e il suo inner game of tennis.

Di lui ho imparato che rappresenta una delle basi da cui è partita la pratica del coaching; che è stato un rivoluzionario nel suo campo, che è stato amato, copiato, preso a riferimento, ma ha anche fatto paura; perchè le strade nuove non sono per tutti; perchè non ci sarebbero più stati maestri di tennis!!!

Durante un incontro tra coach, parlando di neuroplasticità, vengono fatti alcuni riferimenti al libro, al gioco interiore a S1 e S2, e la mia curiosità si accende.

Trovo il libro illuminante. C’è scritto quello che ho sempre cercato,  la chiave di volta per i risultati che tutti cerchiamo ma spesso non troviamo. E non ne comprendiamo il perchè.

Il conflitto interiore – il gioco interiore – è quello che dobbiamo imparare a gestire se vogliamo vivere a pieno, se vogliamo godere delle nostre esperienze, se vogliamo apprendere e imparare, se siamo curiosi della vita. Divertirsi imparando, divertirsi giocando.

Il giudizio sui noi stessi, il non saperci accettare blocca il flusso dell’apprendimento, ci irrigidisce non solo nei muscoli, ma anche nella mente, e i risultati non possono che essere rigidi e bloccati.

Liberarsi di S1 significa fidarsi di noi stessi: quando chiedo ai miei coachee ti fidi di te? La risposta non  è sempre scontata.

Fidarsi di sè stessi significa anche accettarsi e accettare di essere anche in difficoltà, ma anche di sapere che saremo in grado di trovare la soluzione migliore per noi. Solo per noi  e per nessun altro.